La pedonalizzazione di Piazza Castello è una sfida, come quella, vincente, di trent'anni fa in corso Vittorio Emanuele

La pedonalizzazione -per ora light e provvisoria- di piazza Castello si pone nel solco di quelle sfide, forse meno eclatante poiché si appoggia al successo delle precedenti, comunque non facile poiché, come per una sorta di riflesso condizionato, ogni metro quadrato sottratto alle automobili, per alcuni sembra ancora una limitazione della libertà individuale.
Eppure tassello dopo tassello, un'altra città, un altro modello di fruizione degli spazi urbani, sembra rendersi possibile.
Milano, seppure nell'arco di quarant'anni, ha costruito una vasta area pedonale centrale con propaggini sempre più estese anche al di fuori dell'asse Piazza San Babila-Castello Sforzesco. Non ne ha patito la circolazione nè, tantomeno, gli esercizi commerciali di quelle zone, anzi.
L'orizzonte, auspicabilmente non troppo remoto, è che questo arcipelago di isole pedonali si estenda e si compatti sempre più.
Gli strumenti ci sono: un diverso uso ormai sempre più frequente da parte dei Milanesi dell'automobile, l'aumento consistente dell'utilizzo della bicicletta, l'opzione ormai consolidata per il trasporto pubblico che, in una città con una superficie assai limitata come Milano (un terzo di Vienna, meno di Amsterdam o di Stoccolma, un quarto di Berlino), rendono possibile che la città sia uno spazio per le persone e non per le macchine.
Trent'anni fa sembrava un'utopia e per alcuni un incubo, addirittura Palazzo Marino era accusato di "strozzare il cuore di Milano". Oggi anche i critici utilizzano toni diversi, forse perché sanno bene che il successo di una nuova area pedonale non strozzerebbe alcunché, ma libererebbe ulteriormente il respiro della città.
Beniamino Piantieri