Milano è oggi alle prese con i problemi non affrontati nell’ultimo decennio

Apparentemente stiamo parlando di questioni troppo differenti tra di loro, finanza e povertà estrema, politiche della viabilità e integrazione, regolamentazione del commercio all’ingrosso e fusioni industriali.
Eppure, al di là dei differenti ambiti amministrativi, delle competenze assessorili, delle alleanze variabili che ormai si fanno e disfano sull’uno e l’altro tema, c’è un tratto comune e non secondario che lega quanto abbiamo elencato poco sopra: costituiscono l’eredità della lunga stagione albertiniana.
Per un decennio la stella polare del laissez faire che ha governato l’azione di Palazzo Marino ha trasformato il governo della città in una sorta presa d’atto dei problemi di Milano e degli interessi che miravano e mirano a scomporne il tessuto. Nessuna strategia che mettesse in relazione le singole criticità in un orizzonte di risoluzione più ampio. Pertanto da un lato si lasciava alla “libera iniziativa” l’insediamento delle attività commerciali cinesi nella zona di Paolo Sarpi –complice la corsa senza freni del mercato immobiliare–, dall’altro si voltava la testa dall’altra parte innanzi ad una situazione sempre più compromessa e inestricabile della mobilità; da una parte si mirava semplicemente a far cassa con i gioielli di famiglia come AEM e dall’altra non si scommetteva sulla rilevanza strategica di Metroweb; si recintava il Parco delle Basiliche senza prevedere la prevedibilissima transumanza del “popolo della notte” pochi metri più in là, sotto le Colonne di San Lorenzo e sul sagrato di una basilica che ha quasi duemila anni e si procedeva di sgombero in sgombero senza tracciare il benché minimo progetto di integrazione per i Rom, lasciando migliaia di persone nello sfacelo dei campi.
Oggi i nodi vengono al pettine e, come spesso accade, contemporaneamente a dimostrare che qualsiasi strategia per il governo di domani si porta sulle spalle la pesante eredità di ieri.