Non è solo il vuoto delle opere ad essere l'ipoteca di Expo

Ciò che, al di là dei proclami di rito, sembra essere definitamente andato smarrito è il tema portante della manifestazione e una promessa che, seppur non esplicita nei dossier ufficiali, era stata fatta alla città: quella della partecipazione.
Non è un caso. L'ipoteca che grava sull'Expo milanese, e che sembra inestinguibile, è il tributo ad una logica che sorregge questo tipo di grandi manifestazioni -sedicenti globali- e che affonda le radici nel tardo ottocento. Esposizioni universali (o Olimpiadi che siano) vengono promosse come grandi occasioni di investimento sul territorio che le ospiterà: si sprecano gli annunci, i rendering, le promesse. E a sipario calato si contano i debiti. I casi delle Olimpiadi di Atene -corresponsabili del dissesto del bilancio pubblico greco- e di quelle invernali di Torino sono lì a dimostrarlo. Il disastrato bilancio del Comune di Roma conta ancora nei passivi i risarcimenti degli espropri per costruire il villaggio Olimpico per i Giochi del 1960.
L'Expo di Shangai è stato senz'altro un successo di pubblico e probabilmente non si è chiuso con una voragine dei conti, ma per la Cina -creditore netto globale- anche se fosse non sarebbe un grave problema.
E a Milano? Staremo a vedere. Intanto, tra presunti episodi di corruzione, infiltrazioni mafiose nei cantieri già accertate e accuse di sabotaggio ai cittadini che si oppongono agli interventi in quattro parchi per costruire quel poco che resta delle originarie "vie d'acqua", partecipazione e sostenibilità sono rimaste sulla carta come tante altre promesse.
B. P.