Quando la protesta svuota la proposta di un ripensamento collettivo degli spazi, della cultura e della partecipazione

Infine, la scelta di occupare Palazzo Citterio, adiacente all'Accademia di Brera, di proprietà statale e per il cui recupero erano già stati stanziati i fondi, nell'ambito del piano per il sistema museale della Grande Brera.
La decisione di non partecipare al progetto lanciato dal Comune alle "Officine della Creatività" dell'Ex Ansaldo era già nell'aria subito dopo l'offerta del Sindaco di martedì scorso: "Dobbiamo decidere in assemblea", si diceva tra i giovani sotto la torre Galfa, ma tra i più attivi del movimento era chiaro l'orientamento a non accettare. Perché a Macao era in atto "un processo costituente, che ha tempi di elaborazione e modalità decisionali non compatibili con quelli proposti dalla Giunta"; per non sovrapporsi alle altre associazioni già coinvolte nel progetto dell'Ex Ansaldo; ma, soprattutto, per non entrare in quella logica di "amministrazione dall’alto di spazi e risorse" che, "(per quanto illuminata) è cosa diversa dall’autogoverno dal basso, diretto e partecipato", e che quindi non prevede neanche la costituzione del gruppo in un soggetto giuridico.
Concetti, questi, che sono stati espressi in fretta, leggendo un comunicato su un computer portatile, all'incontro di venerdì scorso promosso dagli Assessori Boeri e Majorino proprio alle ex Officine Ansaldo. Una scelta, quello di sottrarsi al confronto abbandonando subito l'incontro dell'Ansaldo, che ha portato anche Dario Fo a bollare come poco “umili e desiderosi di ascoltare le idee della gente” i ragazzi di Macao.
Ma probabilmente, nell'ultima assemblea di Macao sotto la torre Galfa, si era già deciso di occupare Palazzo Citterio, in cui effettivamente i giovani del collettivo sono entrati la mattina dopo. Un'occupazione che voleva gettare luce sullo stato di degrado dell'edificio (per il cui recupero sono stati però stanziati a febbraio 23 milioni dal CIPE), e fare chiarezza sul progetto vinto nel 2009 dallo studio Bellini per l'intero complesso museale di Brera - del quale in effetti è difficile trovare dati aggiornati.
Tra la giornata di sabato e lunedì sono così ricominciate le assemblee e i tavoli di lavoro, cercando di concentrare gli sforzi nella costruzione di un'esposizione organica, dei piani di recupero del palazzo già citati. Per lunedì mattina era stato addirittura invitato il ministro dei Beni culturali Ornaghi, che però aveva già chiesto lo sgombero dello stabile.
Mentre tra i cortili e gli spazi allagati (non per colpa di Macao) del palazzo era ancora attiva qualche decina di persone, ciò che veniva a mancare era però l'appoggio della gente, oltre che una comprensione, da parte degli stessi simpatizzanti, della direzione che avrebbe preso il collettivo.
Pareva illogica la decisione di concentrarsi su Brera, dove, si osservava, per coinvolgere il quartiere ci vuole ben altro che un'assemblea.
Soprattutto, a Palazzo Citterio si era chiaramente voluta impostare un'azione di lotta anche contro le istituzioni, perdendo peraltro quello slancio di apertura alla città che avrebbe forse potuto portare a proposte concrete anche sul piano urbanistico, come ha osservato, rammaricandosi, anche lo stesso Boeri. Un'azione poco ponderata e fuori bersaglio, quindi.
La vera perdita subita da Macao sembra però essere stata quella dell'entusiasmo e del consenso degli stessi lavoratori dell'arte che via via avevano creduto nel progetto del collettivo.
Come era facile ipotizzare, e come osservato da alcuni dei commenti più apprezzati sul profilo facebook di Macao, l'idea di pensare ad un nuovo modo di fare cultura ed arte si è presto arenata a causa della mancanza di progettualità e della chiusura al confronto con le istituzioni e con lo stesso mondo della cultura più o meno istituzionalizzata.
È difficile capire se le scelte degli ultimi giorni siano state egemonizzate anche da gruppi lontani dagli obiettivi degli artisti. Gli stessi che già prima di Macao si riunivano nel gruppo dei “Lavoratori dell'arte” sostengono di essersi sempre riuniti come singoli, al di là del sostegno logistico chiesto a collettivi come lo ZAM, che, non da ora, hanno adottato anche le occupazioni come metodo d'azione. La delusione raccontata dai diversi fotografi, videomaker, sceneggiatori rimasti per qualche ora martedì davanti ad un Palazzo Citterio ormai chiuso era quella di non aver capito, o di non aver potuto realmente condividere, le intenzioni delle persone che di fatto avevano preso le decisioni a Macao (le stesse che ora sono in silenzio stampa).
Un silenzio stampa che, raccontano proprio quelli del gruppo originario di Macao, forse si scioglierà domani (oggi), con l'invito ad una nuova assemblea pubblica.
L'Assessore alla cultura si è detto nei giorni scorsi ancora disposto al dialogo, ma solo in una situazione di rispetto delle regole. Un dialogo che, però, dopo gli ultimi giorni, sembra difficile da riallacciare.
Claudio Urbano