Più passa il tempo –e ne è passato parecchio– più la moschea di viale Jenner diventa un’occasione di facile consenso per chi da oltre dieci anni non riesce trovare una soluzione

Eppure, in un decennio la moschea di viale Jenner è rimasta lì: la folla di fedeli inginocchiati sui marciapiedi fino ad ostacolare il traffico del venerdì è andata aumentando e piuttosto che soluzioni, dieci anni sono stati spesi tra demagogia e proficui investimenti alla borsa della paura.
Come sembra essere inevitabile per Milano, l’abitudine è ormai quella di confermare la banalità dei proverbi: prima o poi i nodi vengono al pettine. E più passa il tempo più sbrogliarli è difficile.
Come per Chinatown, l’Amministrazione cittadina ha lasciato che i problemi si aggravassero. Oggi una soluzione, al di là delle proposte circolate in questi giorni, e che sono meno che provvisorie, appare lontana.
Il Sindaco di Arese non vuol saperne di accogliere i fedeli allontanati da viale Jenner, così il primo Cittadino di Desio.
I residenti delle vie attorno all’ex velodromo Vigorelli –destinato provvisoriamente ad accogliere solo la preghiera del venerdì– hanno già iniziato una raccolta firme contro la moschea nell’ex tempio del ciclismo su pista.
Al quartiere Rubattino, altra possibile destinazione del minareto, si stanno mobilitando.
Come per Chinatown ogni possibile localizzazione alterativa trova un fuoco di sbarramento dei residenti, di politici e amministratori: del resto –è il ragionamento più che logico– se i musulmani in preghiera, o i grossisti cinesi, sono un problema in viale Jenner, o in via Sarpi, perché dovrebbe essere diverso altrove?
Ma non è solo egoismo condominiale. È il frutto di anni nei quali chi avrebbe dovuto trovare soluzioni ha preferito voltare la testa dall’altra parte salvo volgere lo sguardo a viale Jenner –ma è una questione e un luogo tra i tanti– in modo strumentale. Per arrivare al crescendo di questi giorni in cui da un lato la Lega vuole a tutti costi spostare la comunità islamica da viale Jenner, dall’altra Forza Italia che invece frena sulla soluzione Vigorelli.
È infatti proprio di oggi il nuovo fronte contro la ricollocazione della moschea aperto dal gruppo di Forza Italia a Palazzo Marino: “È un’ idea senza capo né coda –è il commento di uno dei consiglieri forzisti che si stanno facendo portatori della protesta dei residenti nell’aera dell’ex velodromo– e non si è neppure capito a chi sia venuta. Il Vigorelli è nel cuore di un area residenziale, è poco servito dai mezzi e poi non rappresenta nemmeno una soluzione: che senso ha questa collocazione provvisoria?
Il problema viale Jenner è più che decennale, si impieghino i prossimi mesi a trovare una soluzione vera, piuttosto che aggiungere danno al danno. Perché il rischio concreto è che la preghiera al Vigorelli sia tutt’altro che un’opzione provvisoria.”
La partita è tutta politica, e non nel senso migliore del termine, poiché la Politica dovrebbe garantire a tutti la libertà di culto e la possibilità di professarlo in modo dignitoso.
La posta in palio, invece, è il consenso che garantisce la “questione moschea”, lasciata senza soluzione per oltre un decennio e divenuta ineludibile quanto di difficile soluzione.
La Lega, è noto, ha ottenuto un boom di consensi alle ultime elezioni proprio grazie alla sua linea su sicurezza e immigrazione e il successo dei ‘lumbard’ registrato a Milano, come dimostrano le analisi dei flussi di voto, è avvenuto a scapito degli alleati confluiti nel PdL.
A questo punto quelle stesse forze politiche che fino ad oggi non sono riuscite a trovare una soluzione per viale Jenner, oggi si trovano su versanti opposti nell’inseguire ancora una volta il consenso senza riuscire a dare vere risposte ai residenti di viale Jenner, a quelli delle vie adiacenti il Vigorelli e agli immigrati di religione musulmana residenti a Milano.
Ma questi ultimi, è noto, non votano.
Beniamino Piantieri