In Consiglio comunale approda il discussione sulla “clinica degli orrori” ma non si parla delle decisioni che il Comune prese cinque anni fa

Successivamente al rapporto dell’Assessore alla Sanità Landi di Chiavenna –25 minuti di monologo celebrato nel consueto clima di semi-dormiveglia dell’aula– è iniziato il batti e ribatti tra i consiglieri.
Chi si aspettava fuochi e fiamme tra i due schieramenti è rimasto deluso.
Eppure i presupposti per una seduta quantomeno più vivace della media c’erano eccome.
Torniamo un momento alla puntata precedente.
Giovedì scorso il Consiglio si era chiuso dopo oltre 4 ore di tanto chiaccericcio e convulse polemiche da parte di entrambi gli schieramenti.
“Inaccettabile" –per il centrosinistra– l'assenza dall’aula del Sindaco, e degli Assessori competenti” e "l'indisponibilità della maggioranza a una discussione in aula a riguardo”. “Non sufficiente” inoltre, la posizione dell'Amministrazione presentata dal vice Sindaco intervenuto in aula.
“Inutile e prematuro –per la maggioranza– un dibattito prima dell'esito del lavoro dei
magistrati”.
Alla fine era arrivato l’accordo per la redazione di un ordine del giorno unitario. Unica clausola imposta dal Pdl, guarda caso, l’esclusione dal documento dei punti posti dall’opposizione riguardo alle delibere di urbanistica del 2003. Ovvero nessun dibattito sul ruolo del Comune nell’annosa vicenda della Santa Rita e della sua espansione.
“Non abbiamo nessuna intenzione di accettare una strumentalizzazione del documento nè di ridiscutere delibere varate cinque anni fa.” Spiegava Carlo Fidanza, capogruppo di An.
Detto fatto, lunedì scorso non se n’è parlato.
L’opposizione, non potendo questa volta rivendicare l’assenza dell’Assessore competente, ha ripreso il ritornello del “silenzio assordante” del Sindaco sulla faccenda.
La maggioranza, i cui alfieri hanno optato per il low profile mandando all’arena “le pedine minori”, ha insistito sull’eccellenza della Sanità Lombarda e sul “dramma” dei 900 dipendenti della clinica che rischiano di perdere il posto.
Tutti d’accordo nell’invocare maggior tutela per i pazienti, controlli più rigorosi e la rivisitazione dei criteri di accreditamento da parte della Regione, punti chiave dell’ordine del giorno che nemmeno questa volta si è arrivati a votare.
Il diktat della maggioranza, dunque è stato rispettato. Si è parlato del problema occupazionale, dei controlli, si è condannato l’accaduto, si è invocata giustizia, ma sulle delibere di 5 anni fa, silenzio assoluto. O, come piace all’opposizione, “silenzio assordante”.
L’espansione incontrollata della clinica, avvenuta anche con il benestare del Comune, è diventata un tabù.
Nessun accenno ai problemi di viabilità e urbanistica.
Eppure nel 2003 l’architetto comunale Lucano stabiliva che “la configurazione del contesto e la viabilità locale non rappresentano il tessuto ideale per la crescita di una struttura Sanitaria quale la Clinica Santa Rita”.
Nessun accenno a quanto osservava l’Architetto Rosanna Gerini –che ha progettato l’unità spinale dell’Ospedale Niguarda considerata un modello di architettura per una struttura ospedaliera– a fronte dell’ennesimo progetto di ampliamento, ovvero su come “né per la parte esistente è stato previsto un intervento di messa a norma, né la nuova costruzione sarà seguita nel rispetto delle normative”.
Nessun commento sulle leggerezze del Consiglio Comunale, che anno dopo anno approvò le delibere urbanistiche di ampliamento, nonostante la tipologia edilizia degli edifici non fosse idonea e il sistema viario non sufficiente, nonostante la zona fosse già ben servita da numerosi ospedali e nonostante le denunce dei residenti e della stessa Consulta Handicap del Comune sull’inadeguatezza delle norme di sicurezza delle strutture (scarica il pdf).
Qualcuno ricorda ancora quando in occasione della votazione finale della delibera di ampliamento nello spazio riservato al pubblico dell’aula del Consiglio comunale si presentarono (secondo i maligni precettati dalla proprietà della Santa Rita) 90 dipendenti della Clinica con tanto di camice bianco a sostenere con un tifo poco adatto al luogo le ragioni di Pipitone.
Ed è questo il punto. Se la Santa Rita non fosse cresciuta, non avrebbe potuto diventare quella macchina da prestazioni, e quindi da rimborsi. I numeri segnano una vera e propria escalation: negli ultimi 17 anni un aumento di circa il 750% del fatturato.
Tra il 1991 e il 2001 il fatturato della Casa di cura è passato da 13 miliardi e 664.400.000 milioni di lire (7 milioni e 57.073 euro) a 51 miliardi e 587.396.000 di lire (26 milioni e 642.945 euro).
Nel 2004 gli accreditamenti pubblici ammontavano a 36 milioni e 226 mila euro, nel 2007 a 53 milioni e 181 mila euro.
E’ chiaro come la logica del profitto ad ogni costo sia divenuta la stella polare del sistema Santa Rita, ma sarebbe miope ridurre la questione all’assenza di scrupoli della proprietà, alla presunta disumanità di qualche medico. Il boom della Santa Rita e quanto ne è scaturito si è sviluppato in un contesto dove ci sono responsabilità penali, amministrative e politiche.
Giulia Cusumano