La mesta parabola dello spazio pubblico tra roulette finanziaria e tagli

Le Scuole civiche milanesi sono uno degli esempi di quel processo di “civilizzazione del capitalismo” messo in atto in uno dei luoghi e negli anni in cui l’approdo definitivo alla civiltà industriale era più tumultuoso. Erano destinate a coloro che di quel processo erano i protagonisti, le braccia di cui non era richiesta la mente. Proprio per questo il pubblico, prima il mondo del solidarismo –che forse oggi chiameremmo “privato sociale” – e poi il Comune, avevano fornito un’occasione per istruirsi comunque; per migliorare la propria professionalità o per farsi semplicemente una cultura.
La città industriale ce la siamo lasciata alle spalle da almeno un ventennio. Quello che era il mondo “fordista” e la sua organizzazione dello spazio pubblico fanno parte dell’archeologia sociale con le conseguenze che ben conosciamo: tagli, razionalizzazioni, downsizing e outsourcing non sono parole d’ordine della sola organizzazione aziendale; si sono estese alla sfera dell’Amministrazione pubblica e dei suoi interventi. Il welfare locale, come quello nazionale, costa.
Così la stella polare diventa la dismissione, la cessione di rami d’intervento, lesternalizzazione dei servizi.
Gli enti locali, come hanno rivelato recenti inchieste giornalistiche, si sono dati all’azzardo finanziario pur di ottenere qualche spicciolo subito, scaricando i rischi sulle amministrazioni future e per i servizi ritenuti non essenziali, come le gloriose scuole civiche milanesi, si può procedere ai tagli.
Un solco è stato tracciato, profondo: si può rischiare di perdere oltre 260 milioni di euro alla roulette della speculazione finanziaria, ma si devono risparmiare assolutamente qualche decina di migliaia di euro che fino ad oggi hanno garantito uno dei servizi pubblici di eccellenza forniti dal Comune.
Beniamino Piantieri