L’ennesima “salvinata” rischia di far diventare l’ex enfant prodige leghista in un Borghezio prematuro

Salvini dal canto suo ha minimizzato dicendo che negli stadi si sente di peggio, che non voleva offendere i napoletani ma ha anche chiarito che le dimissioni da deputato non c’entrano nulla con l’episodio: essendo stato eletto anche al parlamento europeo aveva già deciso di optare per la poltrona a Strasburgo.
In realtà il copione è il solito e ha poco a che fare con la provocazione estemporanea. Salvini –come Borghezio e tutti gli altri padani dell’ala dura che hanno costruito il proprio successo politico sull’ostentazione dell’intolleranza– parlano ad una fetta precisa e non minoritaria dell’elettorato lumbard: quello che il coro contro i napoletani se non a squarciagola comunque lo canticchia, quello che i vagoni delle metropolitane riservati ai padani li vorrebbe davvero.
Se non si tratta di una strategia mediatica, quella di Salvini rappresenta comunque, da un lato, una scelta cosciente di comunicazione con un pubblico ben definito, dall’altro, l’ambiguità della Lega, forza antisistema e di governo.
I napoletani dal canto loro sembrano non essere stati sconvolti dall’episodio che, invece, pare caratterizzare in modo non esaltante la parabola di Matteo Salvini. L’ex enfant prodige di questo passo sembra avviato a diventare un Borghezio precoce, anche quest’ultimo parcheggiato non a caso nella rimessa dorata dell’Europarlamento.
Beniamino Piantieri