Per il prossimo decennio è previsto un forte sviluppo della metropolitana ma alcuni nodi rimangono irrisolti

Discorso a parte per la linea 6. L’unico progetto di metropolitana inserito nel Dossier Expo è per il momento avvolto da un alone di mistero poiché, come abbiamo raccontato già un mese e mezzo fa, esiste appena un’ipotesi di tracciato segnata sulla carta e solo ora, a quanto ha annunciato l’Assessore Croci, sembra si stia procedendo ad un progetto preliminare.
È indubbio che dopo quasi vent’anni di stallo la rete metropolitana si appresta a vivere una nuova stagione di espansione. L’ultimo grande intervento fu quello della Linea 3, anch’essa arrivata in occasione di un grande evento: i Mondiali di calcio del 1990.
Nei successivi 18 anni assai poco: i prolungamenti della linea 1 da Molino Dorino a Rho-Fiera, quello della Linea 2 da Famagosta a piazzale Abbiategrasso e quello della Linea 3 da Zara a Maciachini. Una manciata di chilometri, un’inezia rispetto alle esigenze di mobilità di una città sempre più affamata di spostamenti, soprattutto tra il territorio delimitato dai confini amministrativi del Comune e l’hinterland esteso.
L’intervento più consistente, il prolungamento della linea 3 da Maciachini ad Affori (poco più di tre chilometri) dopo essersi bloccato per contenziosi vari tra committenti, appaltatori e subappaltatori procede in ritardo e con una lentezza che fa presumere non si recuperi il tempo perduto.
Eppure i ritardi –sia nei lavori che nelle corse– non sono il problema più grave. Provocano disagi, ma sono in fondo risolvibili. Le questioni vere sono lo sviluppo strategico della rete metropolitana e i finanziamenti. Dei secondi abbiamo già detto poco sopra, ma bisogna aggiungere che il sistema di trasporto locale lombardo, secondo quanto anticipato da il Sole24ore due giorni fa, dovrà vedersela con un taglio di 34 milioni di euro nei prossimi tre anni, deciso dal Governo per finanziare l’abolizione dell’ICI e la detassazione degli straordinari. Inoltre ATM è ancora creditrice nei confronti di Comune e Regione di circa 90 milioni di euro.
Ma che vuol dire sviluppo strategico? Anzitutto capace di prevedere le esigenze di mobilità a lungo termine (per evitare ad esempio il flop del passante dove i convogli viaggiano regolarmente semivuoti), poi di soddisfarle in modo equilibrato sul territorio, infine –ma non per ordine di importanza– di superare i confini del comune di Milano data la forte e crescente richiesta dei spostamenti tra città e hinterland.
Se diamo un'occhiata alla mappa della rete metropolitana di cui Milano dovrebbe essere dotata da qui ai prossimi dieci anni appare difficile definire strategico lo sviluppo ipotizzato sulla carta. Anzitutto la metropolitana rimane un affare molto milanese; gli unici prolungamenti previsti, e gravati da moltissimi se, sono quelli verso Monza e lungo la Paullese. In secondo luogo risulta evidente uno squilibrio tra i quadranti della città: se infatti il centro risulta altamente servito –il che è naturale–, è però un vero e proprio attrattore centripeto, ovvero attira verso di sé tutte le direttrici lasciando scoperti alcuni quadranti molto ampi, come quello nord-ovest. L’impostazione centripeta della rete mette così in luce una carenza che essa si porta dietro come una sorta di tara genetica: la mancanza di una linea tangenziale che consentirebbe uno spostamento veloce per chi si deve muovere tra settori contigui della corona urbana esterna al centro storico e che oggi, e anche in futuro, è invece costretto a passare dalle stazioni di interscambio che sono –e saranno– nel piccolo quadrante centrale della città.
È vero che la progettazione di una rete di trasporto pesante e non flessibile come la metropolitana deve tenere conto delle funzioni presenti, ma deve anche essere in grado di prevedere quelle future e magari anche di tracciare le linee possibili dello sviluppo urbano. A meno che non si voglia essere ancora e sempre costretti ad inseguire.
Beniamino Piantieri