Dati di Ores e Camera di Commercio dimostrano che la crisi è tutt’altro che passata e che il livello di povertà aumenta ancora

Nel 2008 sono stati 25 mila in più dell’anno precedente. Nella sola Milano 202.817 coloro che hanno chiesto aiuto.
La logora formula della “fatica ad arrivare a fine mese” riguarda una famiglia lombarda su 4, mentre quasi 50 mila famiglie non riescono a far fede ai debiti contratti. Le difficoltà maggiori riguardano i cittadini stranieri che rappresentano il 63% dei cittadini bisognosi di assistenza sociale. Sono per lo più minorenni o persone che percepiscono un reddito insufficiente o che hanno perso il lavoro.
Il trend non sembra destinato a migliorare nel breve termine. Secondo il rapporto della Camera di Commercio sulla “Milano produttiva”, una famiglia meneghina su 6 sarebbe a rischio povertà.
Nonostante il Presidente della Regione Roberto Formigoni, in sintonia con gli umori diffusi a gran voce dal Governo, sostenga che “i dati sono meno drammatici di quanto qualcuno volesse dipingere” l’ effetto della crisi non sembra sgonfiarsi, tanto che si stima che se nel 2008 a Milano sono state 8 mila le persone a perdere il lavoro, nel 2009 saranno ben 15 mila: quasi il doppio. Saranno invece circa 10 mila i lavoratori in cassa integrazione a fronte di una produzione in calo del 10%.
La situazione non è buona, eppure qualche segnale di speranza c’è.
Per quanto riguarda il livello di povertà delle famiglie, il rapporto Ores sottolinea come attraverso l’aiuto dei servizi sociali e le politiche di reinserimento, circa 1600 famiglie siano state in grado di uscire dalla condizione di bisogno e conseguire uno stile di vita quantomeno dignitoso.
Il secondo dato positivo riguarda il sempre più determinante peso degli stranieri nel sostegno della nostra economia, a riprova del fatto che l’immigrazione sana rappresenta non uno spauracchio da cui difendersi ma un’opportunità di sviluppo e crescita.
Secondo i dati della Camera di Commercio nel 2008 le imprese a guida non italiana a Milano sono aumentate dell’8,6%, arrivando a 21 mila unità.
Sono egiziani e cinesi i “maghi” dell’imprenditoria extracomunitaria. Mentre, aprano bene le orecchie xenofobi, leghisti, “antipatizzanti” vari ed eventuali, al primo posto tra gli imprenditori comunitari, con circa 3 mila aziende intestate, si piazzano proprio loro: i tanto deprecati cugini rumeni.
Giulia Cusumano