Dimessosi l’Ad Stanca, la macchina dell’Esposizione universale 2015 è ancora al punto di partenza e il nodo dei terreni è sempre più intricato

È questo il punto cruciale: le aree indicate nel dossier di candidatura presentato al Bureau international des expositions (BIE), che il 31 marzo 2008 ha preferito la candidatura di Milano a quella di Smirne, non sono state ancora acquisite.
I proprietari non vogliono saperne di cederle per la valutazione di 100 milioni di euro fatta dall’Agenzia del territorio. Ne vogliono almeno il doppio.
Ma il Comune non ha un euro da spendere e per la Regione, che fino a poche settimane fa era pronta ad intervenire attraverso la propria società finanziaria ma si è trovata tra capo e collo la scure della manovra di correzione disegnata dal Ministro Tremonti –uno che l’Expo milanese l’ha sempre visto come un inutile spreco di denaro e non ne ha fatto mai mistero–, anche 100 milioni di euro oggi sarebbero troppi .
Entro ottobre il BIE vorrà vedere nero su bianco l’acquisizione delle aree e questa volta, dopo aver chiuso entrambi gli occhi per due anni, è seriamente intenzionato a tenerne aperto almeno uno.
Sempre che si riesca a far partire veramente la macchina dell’Expo superando la guerra per bande che l’hanno paralizzata per ventisette mesi, il nodo dell’acquisizione dei terreni rimane difficile da sciogliere. Se gli attuali proprietari non abbasseranno le proprie richieste bisognerà percorrere strade alternative.
Esclusa quella dell’esproprio che aprirebbe un contenzioso giudiziario con il rischio concreto di sequestro delle aree e definitivo fallimento dell’operazione Expo, quella al momento più percorribile è il ritorno a quanto previsto dalla convenzione firmata da Comune e proprietari: cessione dei diritti di superficie su quel milione di metri quadri attualmente a destinazione agricola, ma che una volta chiusi i battenti di Expo 2015 tornerebbero ai proprietari trasformati in edificabili, con una lievitazione considerevole del loro valore.
Niente male per un Expo che partito con lo slogan “Nutrire la terra” potrebbe finire la propria mesta marcia rimpinzando di indici edificatori terreni oggi agricoli.
B.P.