Il Comune ha presentato il “Progetto Rom”, ma aspetta i soldi dal Governo

Niente poteri ai prefetti e niente soldi, quindi, e, così è sembrato in questi mesi, quasi nessun passo in avanti concreto sulla questione campi nomadi a Milano. Il Consiglio di Stato è poi tornato parzialmente sui propri passi il 9 maggio scorso, ammettendo la necessità di concludere le azioni avviate in precedenza e tuttora “in itinere”, a motivo delle “gravi conseguenze” che potrebbero derivare da un'interruzione delle stesse. Una sentenza comunque vaga, che l'Amministrazione non può sfruttare per intraprendere nuove azioni per le quali mancherebbe la certezza di una copertura economica. "Chiediamo al Governo di sbloccare i fondi, previsti e stanziati, del 'Piano Maroni' e vincolati a progetti per i Rom”, è stata quindi la richiesta di aiuto che gli assessori alla Sicurezza e alle Politiche sociali Granelli e Majorino hanno lanciato contestualmente alla presentazione dell'attuale progetto.
Oltre al problema dei soldi, c'è però anche quello sostanzialmente politico, e tutto interno al territorio milanese delle zone da destinare agli insediamenti temporanei per quella parte di popolazione di Rom, Sinti e Caminanti che effettivamente praticano il nomadismo, e che utilizzerebbero quindi aree attrezzate ad hoc. Finora però gli Assessori interessati non hanno formulato neanche un'ipotesi sulle aree, e questo sarà evidentemente uno dei problemi da discutere in modo approfondito anche in Consiglio Comunale.
Se il piano presenta ancora troppi buchi neri da riempire, non mancano però alcune ipotesi d'azione che segnano una discontinuità, quantomeno d'approccio, rispetto alla politica tenuta in precedenza. In particolare si sottolineano i ruoli che i diversi Settori del Comune competenti (Direzione centrale Casa, Direzione Politiche sociali, Assessorato all'Istruzione, ecc.) dovranno avere nel percorso di accompagnamento al percorso di inclusione sociale delle famiglie, impostato sui tre punti fermi di una sistemazione abitativa stabile, del lavoro e dell'educazione per i minori.
La volontà di portare chi ora vive nei campi ad una normale sistemazione residenziale è basata soprattutto, come ha voluto sottolineare Marco Granelli, sul dato di una popolazione Rom che ha un progetto migratorio stabile: il 62% di chi proviene dalla Romania e addirittura l'85% dei Rom provenienti dai paesi dell'Ex Jugoslavia non sarebbero semplicemente di passaggio nella nostra città, ma, al contrario, vivono la loro permanenza qui come una condizione stabile. Un motivo in più, fa intendere l'Assessore, per affrontare in modo complessivo il problema della loro “sistemazione”, ponendosi anche l'obiettivo ambizioso della chiusura di tutti i campi.
Per il resto, il piano prevede un iniziale censimento dei nuclei familiari presenti a Milano, che servirà alle famiglie quale unico canale di accesso ai servizi del Comune; dal censimento l'Amministrazione si attende, d'altra parte, di conoscere in modo dettagliato la situazione delle famiglie, anche nell'aspetto dei percorsi di integrazione eventualmente già intrapresi con le associazioni e gli enti del terzo settore.
Nel passaggio auspicato verso una sistemazione stabile, una delle novità proposte è l'istituzione di strutture sperimentali per l'accoglienza a bassa soglia delle famiglie che dovranno lasciare i campi, che potranno vivere in contesti comunitari di non più di 120 persone per un periodo massimo di 40 giorni, eventualmente rinnovando a pagamento la permanenza per lo stesso periodo di tempo. In questo caso per i nuclei residenti ci sarebbe già l'obbligo di frequentare tutte le iniziative di formazione previste dal Comune.
Il passaggio ad abitazioni stabili è legato, come già avviene ora con numeri piuttosto ristretti, all'accompagnamento delle famiglie da parte delle associazioni di terzo settore. Sono escluse, hanno ribadito dal Comune, corsie preferenziali per l'accesso all'edilizia popolare, mentre si prevede che gruppi di famiglie possano trascorrere un primo periodo in strutture residenziali comuni (ad esempio pensionati), sempre grazie alla collaborazione del terzo settore. Nessun trasferimento diretto di risorse alle famiglie, infine: anche in questo caso saranno le associazioni ad avere la responsabilità nella gestione dei fondi, decidendo autonomamente per un sostegno economico alle famiglie. Soldi che sarebbero gli stessi del Piano Maroni e che, per ora, a Milano non ci sono.
Claudio Urbano