Il kit antidroga distribuito a 4000 famiglie : l’altra faccia della psicosi sicurezza

Dall’effettiva utilità alla possibile violazione della privacy, al rischio che si tratti di uno spot per la casa farmaceutica che fornisce –per ora gratuitamente– il kit, le obiezioni e contrarietà espresse negli ultimi giorni sono state molte.
Il successo dell’iniziativa lo verificheremo tra qualche settimana, quando si conoscerà il numero di kit ritirati e quindi quante famiglie hanno tentato di sottoporre i propri figli al controllo antidroga.
Eppure già il titolo dell’iniziativa “No alla droga, parliamo in famiglia” sembra porsi in contrasto con ciò che, nella pratica, genitori e figli si troveranno innanzi. È infatti difficile pensare ad un dialogo pacato e costruttivo –com’è necessario nel caso di un tema tanto delicato e importante– se prima o dopo la conversazione un adolescente viene messo innanzi ad un test che in qualche modo metterebbe in dubbio la sua parola. A meno che l’esame non venga condotto all’insaputa dei ragazzi; al che il “parliamone” rimarrebbe solo sui comunicati stampa dell’Assessorato alla salute.
Indubbiamente questo esperimento, che sembra proprio sarà allargato all’intera città, è tributario di un’idea di lotta alla droga tanto datata quanto fondata su una logica esclusivamente giocata sul binomio controllo-repressione, come se nell’ultimo decennio non avessimo assistito ad un modificarsi radicale nelle tipologie di consumo degli stupefacenti.
Le statistiche e gli operatori sostengono che ci troviamo innanzi da tempo a fenomeni di dipendenze del tutto nuovi, meno evidenti che in passato, forse più diffusi ma meno evidenti forse e per questo più pericolosi. Gli strumenti da adottare, sempre secondo chi con le dipendenze si confronta da tempo, debbono essere quelli di un dialogo continuo, di un’opzione per l’incontro e la crescita comune piuttosto che per strumenti di controllo che rischiano soltanto di lasciare le famiglie sole.
Ma ciò che è maggiormente preoccupante è l’ingresso nelle mura domestiche di quella logica della paura che abbiamo visto già all’opera con i cortei e le campagne di stampa degli ultimi mesi.
Prima il nemico pubblico su cui imbastire l’operazione “sicurezza”, oggi il nemico privato da passare al vaglio del tampone che verificherà le secrezioni degli adolescenti milanesi.
Beniamino Piantieri