2007-2011: Gli interventi del Comune per l’edilizia popolare –finanziati al 50% dallo Stato- si limiteranno alle ristrutturazioni

Ma l'operazione è tutt'altro che priva di contraddizioni: se il Comune deciderà, come deve, di trovare una soluzione per gli abusivi, le politiche dell'ERP milanese si troveranno allora nella contraddizione di dover sostenere l'esigenza abitativa di inquilini irregolari sottraendo così energie alla collocazione dei tanti che, pur avendo ogni requisito, sono rimasti esclusi dalle graduatorie di assegnazione stilate dallo stesso Comune e che rimangono da anni in paziente attesa.
Ma veniamo al progetto in questione nel suo dettaglio tecnico. Esso si basa sull'accordo tra Comune di Milano, Regione Lombardia e Ministero delle Infrastrutture. Accordo raggiunto finalmente lo scorso 13 marzo, quale ratifica di uno stanziamento nazionale di 20 milioni di euro, lasciato in eredità dall'ex Governo Berlusconi nel 2006 il quale però si era dimenticato di fatto di renderlo utilizzabile.
Questo il quadro sintetico delle opere sulle quali il Comune ha deciso di investire quei 40 milioni per un lasso di tempo che va dal giugno del 2007 fino al 2011: dei 485 di partenza (Alloggi esistenti) bisogna considerare che 145 non sono attualmente occupati (alcuni di questi però sono impegnati da abusivi a cui comunque bisognerà dare una soluzione abitativa) perché inagibili o sotto standard cioè con una metratura inferiore a quella prevista dalla legge che però ammette una tolleranza nel caso di soggiorno temporaneo. Invece di utilizzare tali appartamenti come risorsa di prima accoglienza, e destinare i soldi così risparmiati alla creazione di nuovi alloggi, il progetto prevede, oltre alla ristrutturazione, l'accorpamento di suddette unità per riportarle a standard. 340 invece sono gli alloggi per cui non è prevista l'assegnabilità nel periodo 2007-2011. Questo vuol dire che per altrettante famiglie si dovrà provvedere a una sistemazione provvisoria in attesa che i lavori si concludano. Se si eccettua il caso di via Tofano, però, il Comune non fa menzione su come intende affrontare la questione della mobilità di questi nuclei famigliari composti in prevalenza da anziani oltre i sessantacinque anni. A questi 340 bisognerà aggiungere quelli attualmente occupati da abusivi (nel caso di via de Lemene si tratta dell'intero inquilinato). Come appare chiaro dalla tabella ufficiale, in totale sono solo 15 i “nuovi” alloggi creati, nel senso che l'aggettivo ha solitamente in italiano, e cioè quelli di via Scaldasole. Ma se si guarda invece al confronto con l'esistente, si può affermare che il patrimonio di edilizia residenziale pubblica non aumenterà con questa operazione da 40 milioni se non di sole 2 unità. 40 milioni per 2 unità: esattamente “487 meno 485”.
Un vero e proprio paradosso: poiché le misure per combattere l’emergenza casa sono state colpite dallo stesso morbo che a Milano ha reso le abitazioni un miraggio per molti: scarsità e prezzi esorbitanti. I nuovi appartamenti saranno 2 invece che 487, anzi, invece che 600. Poiché l’Assessore appena sei mesi orsono si era lanciato in mirabolanti previsioni. L'8 gennaio dichiarava infatti al «Corriere della Sera» che le “nuove” abitazioni sarebbero state 600 e avrebbero avuto come destinatari coloro che erano “sotto sfratto” e coloro che erano “inseriti nelle graduatorie pubbliche dell'edilizia pubblica a canone sociale”.
Nemmeno il tempo di congratularsi per la svolta dopo anni di disinteresse per l’edilizia pubblica da parte del Comune che arriva un dietro front. In una nota del 6 aprile diramata dagli Uffici dell'Assessore arriva la correzione: i destinatari dei nuovi alloggi saranno gli“sfrattati in condizione di particolare disagio”. Perché questa variazione? Perché semplicemente l'accordo di cofinanziamento col Governo centrale lo impone e lo imponeva da sempre, giuridicamente e con ulteriori restrizioni, visto che i 20 milioni del Ministero fanno parte di un fondo non utilizzato e previsto dal decreto n°148/2005 solo per la risistemazione o la realizzazione di alloggi destinati a nuclei familiari sfrattati composti da anziani di oltre 65 anni e portatori di handicap oltre il 66%.
In conclusione, le promesse di sei mesi fa si riducono al recupero di alloggi già esistenti, a soli due appartamenti nuovi il tutto con il contributo al 50% di fondi statali. Un intervento che andrà a rispondere all’emergenza ma che non inciderà in alcun modo sulle chilometriche liste d’attesa per l’assegnazione di un alloggio pubblico.
Qual è allora il piano B per rispondere alla povertà del patrimonio pubblico esistente visto che di fatto con questo progetto non si incrementa proprio nulla?
Fabio Davite