Fino al 25 settembre, un'antologica dedicata all'artista delle cancellature è allestita a Palazzo Reale, Gallerie d’Italia e Casa del Manzoni
Cancellature, ovvero "il tentativo di far riemergere la volontà di parlare in un mondo che sostanzialmente censura la parola e tutto ciò che è umano". E' così che Emilio Isgrò, poliedrico artista di origine siciliana e adozione milanese dal 1956, parla del a sua opera. "Io non ho mai cancellato, ho rappresentato un mondo che cancella. Che cancella la diversità, che cancella le culture”. A lui, artista che ha dedicato la propria vita alla ricerca di linguaggi sempre più originali e alla creazione di uno stile unico, che intreccia parole e segno grafico è dedicata una grande antologica contemporaneamente allestita in tre sedi, un omaggio che la città gli tributa. |
Un progetto promosso e prodotto dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Intesa Sanpaolo, Centro Nazionale Studi Manzoniani, dalla casa editrice Electa e nasce da un’idea dell’Archivio Emilio Isgrò.
PALAZZO REALE
La mostra nelle sale di Palazzo Reale presenta il corpus di opere storiche modulato attraverso blocchi tematici e intervallato da grandi installazioni, che rappresentano uno degli aspetti più significativi ma ancora poco conosciuti della sua complessa produzione. Una scelta che lega visivamente i diversi lavori e svela al pubblico i passaggi e le evoluzioni che la cancellatura ha avuto nel tempo.
L'esposizione si apre con una riflessione sull’identità e l’autorialità, temi che l’artista ha toccato fin dalla fine degli anni Sessanta con le opere “Il Cristo cancellatore” (1968) e “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò” (1971), per arrivare quarant’anni dopo al “Dichiaro di essere Emilio Isgrò,” l’imponente opera che ha dato il titolo alla sua antologica del 2008 a Prato.
Successivamente, è affrontata quella che l’artista ha definito “arte generale del segno”, ovvero l’evoluzione nel tempo della cancellatura e della poesia visiva. Dalle prime cancellature degli anni Sessanta all’”Enciclopedia Treccani” (1970), da “I promessi sposi non erano due” (1967) alla “Costituzione cancellata” (2010), alla “Cancellazione del debito pubblico” (2011), al “Trittico del Sole” (2013) e a “Modello Italia” (2013). E, inoltre, le prime poesie visive, tra cui le famose “Wolkswagen” (1964) e “Jacqueline” (1965), insieme a un inedito “Antony and Cleopatra” (1966), alle "storie rosse" (alcune di queste mai esposte finora) e all’installazione-ambiente “Giap”, riproposta al pubblico dopo la prima esposizione nel 1975 alla Galleria Blu di Milano.
Il percorso prosegue con il racconto del passaggio che dalle “lettere estratte” (lettere o note musicali estrapolate dal loro contesto) ha portato alla nascita delle macchie e alla cancellatura come gesto incline alla pittura, ma ancora non pittorico. Il segno, nei primi anni Ottanta, da nero si muta in bianco, e al testo scritto spesso si sostituisce un’immagine. Le installazioni “L’ora italiana” (1985) e “La veglia di Bach” (1985), ricostruite in mostra, rappresentano la straordinaria summa di questa ricerca. Una ricerca che ha portato alla realizzazione del ciclo “Guglielmo Tell”, presentato nella sala personale alla 45° Biennale di Venezia (1993) e ora riallestito a Palazzo Reale. Come focus indispensabile alla comprensione dell’opera dell’artista, sarà riproposta al centro del percorso espositivo di Palazzo Reale l’installazione-partitura per quindici pianoforti Chopin.
Trova inoltre spazio un’altra variante concettuale della cancellatura, i "particolari ingranditi", dei quali Isgrò dice: “Una parola cancellata sarà sempre una macchia, ma resta pur sempre una parola. Un particolare smisuratamente ingrandito di Kissinger o di Mao sarà un’immagine cancellata, ma resta pur sempre un’immagine”. Si deve partire dai "particolari ingranditi" per comprendere la progressione che ha portato l’artista a ideare le sculture dedicate ai semi d’arancia come il monumentale Seme dell’Altissimo, che ha accolto all’Expo 2015 di Milano milioni di visitatori. Il tema del seme s’intreccia con il filone di riflessione intorno alla cultura mediterranea, rappresentato dal ciclo delle api e delle formiche — in mostra anche Biografia di uno scarafaggio (1980) e Le api di Istanbul (2010) — e dal ritorno alla parola nel grandioso ciclo teatrale L’Orestea di Gibellina (documentato in mostra) che ha segnato la rifondazione del paese siciliano distrutto dal terremoto del 1968.
L’esposizione di Palazzo Reale termina con una sala dedicata alla “trilogia dei censurati”, un ciclo di lavori che Isgrò ha dedicato nel 2014 a personaggi la cui sorte fu condizionata da opinioni e poteri consolidati. Protagonisti di questo ciclo sono Giovanni Pico della Mirandola e le sue “Conclusiones” cancellate; i notevoli ritratti di Galileo Galilei, Girolamo Savonarola e Curzio Malaparte; e infine Giovanni Testori con la grande opera “Dove comincia il Ponte della Ghisolfa” (2014) legata alla monumentale cancellatura nello spazio pubblico di Piazza Gino Valle al Portello.
GALLERIE D'ITALIA
La mostra prosegue alle Gallerie d’Italia, sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano, dove nel caveau, utilizzato per la prima volta come spazio espositivo, è custodito, come un vero e proprio tesoro per Milano e per l’Italia, “L’occhio di Alessandro Manzoni”, una inattesa, emozionante cancellazione del famoso ritratto di Hayez.
Isgrò riconosce nel grande scrittore il simbolo di una unità nazionale oggi più che mai necessaria nell’Italia che cambia con l’Europa e con il mondo. Non è un caso, infatti, che la mostra si concluda a CASA DEL MANZONI, dove l’artista ritorna a distanza di cinquant’anni sul capolavoro manzoniano cancellandone venticinque volumi, lo stesso numero di lettori che l’autoironico, scaramantico figlio di Giulia Beccaria prevedeva per se stesso.
Oltre a mettere a disposizione la propria sede espositiva, Intesa Sanpaolo partecipa all’iniziativa con il prestito di otto opere dalla collezione del Novecento della Banca, che saranno presentate a Palazzo Reale, tra cui le due importanti installazioni “L’ora italiana” e “Chopin”.